Tutte le volte che prendo parte ad una corsa non competitiva
osservo con attenzione quello che fanno gli altri partecipanti. Una curiosità
insita nel mio carattere (se non fossi curioso non farei il giornalista). Alla
recente marcia dei ciliegi in fiore a Casterno di Robecco sul Naviglio (se a qualcuno interessa qui c’è il mio tempo sui 12 km e qualche metro) mi sono
messo a guardare un gruppetto di runner non più giovanissimi. Oltre i 60 anni,
per intenderci. Corricchiavano, camminavano, ridevano e scherzavano tra di loro
che era un piacere vederli.
Poi ho girato il mio sguardo verso un gruppetto di
ragazzi. Stessa cosa: parlavano e ridevano. Non c’era tensione sul volto dei
primi e anche i secondi erano al massimo della rilassatezza. La stessa cosa
vale per gli adulti. Ebbene, anche per questo dobbiamo ringraziare la corsa.
Correre ci fa tornare bambini. Ne abbiamo bisogno, è una necessità che si fa
largo con più che andiamo avanti negli anni quella di tornare alla nostra
infanzia. Impariamo subito a correre.
Guardate un bambino che corre. Lo fa in
maniera talmente naturale da fare invidia ad un fondista esperto. La prima
volta che partecipai ad una corsa nella mia vita fu proprio a Casterno. Era il
1986 o ’87, non ricordo molto bene. Ricordo che pioveva e feci tanta fatica a
fare i 5 chilometri impaltandomi fino al collo. Ci andai con un amico di
famiglia che aveva superato la cinquantina da un pezzo e si era messo a correre
dopo un passato da calciatore e un lavoro che lo stressava non poco. “Correre
per me è come tornare indietro nel tempo – mi raccontava – Corro per un’ora e
non di più, ma quell’ora è solo mia e non me la ruba nessuno”.
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