martedì 28 marzo 2017

Dai 1.600 metri dietro casa alla maratona di Milano: un solo obiettivo, arrivare in fondo


E allora facciamoci questa benedetta maratona. Non sono allenato per fare 42,195 km. Non ho la testa per stare troppo sulle gambe, anzi se devo dire il vero le lunghissime distanze non mi piacciono più di tanto. A stento corro per un’ora e mezzo o poco più. Ma allora chi me lo fa fare a correre una maratona? Se devo essere sincero non lo so. Voglio provare, punto e basta. Ho chiesto l’accredito come giornalista, l’ho ottenuto, e la farò la maratona. Non ho mai corso più di 30 chilometri in vita mia e sinceramente la vedo dura per gli altri 12 che mancano. Ma è proprio questo il bello. La sfida, la voglia di fare qualcosa di impossibile eppure diventato oggi alla portata di tutti o quasi. Sia ben chiaro, non voglio certo ammazzarmi.
Partirò lentamente e vedrò come va cammin facendo. La prima volta che ho corso in vita mia avevo 15 anni e l’ho fatto dopo avere letto il libro di un giornalista americano, James Fixx, appassionato di jogging. Il capitolo sulla maratona di Boston mi entusiasmò al punto che nella mia testa dissi “devo farla anche io”. Boston purtroppo dovrà attendere, ma Milano è dietro casa e si può fare. In America correre era cosa normalissima. In Italia negli anni ’80 cominciavano a partire le prime non competitive e molti non tolleravano la presenza di gente che correva per le strade. C’era ancora la mentalità del “ma se non sei un fuoriclasse chi te lo fa fare?”. Oggi le cose sono cambiate. Gente che non avrei mai considerato in grado di fare pochi metri di corsa oggi ha già nel suo curriculum svariate maratone. Io, manco una.
Ricordo il primo giro che feci, misurato al millimetro, nella lontanissima estate del 1986. Erano 1600 metri. Da via Gramsci a Magenta a via Crivelli, via Pilo, Bezzecca e I Maggio che all’epoca era sterrata. Quanti anni sono passati da quella mia prima corsa. Dopo mille metri avevo il fiato talmente corto che fui costretto a fermarmi e camminare. Riuscii ad arrivare in fondo ai 1.600 metri esausto. Capii subito che non avrei fatti molta strada con la corsa, ma mi piaceva. E nel giro di poco tempo riuscii a correre per più chilometri ad un ritmo più elevato acquistando molta sicurezza in me stesso. Io che fino ai 15 anni nello sport ero quello che si considera ‘una schiappa’ mi sono preso molte rivincite grazie alla corsa. Ora come allora l’obiettivo è sempre lo stesso. Arrivare in fondo a quei fottutissimi 42 km e 195 metri.

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